Nel suo discorso di Capodanno, la presidente della Confederazione Doris Leuthard ha espresso, in nome della Svizzera nei confronti di Bruxelles, il seguente proposito: «Il mio obiettivo per il 2017 è di ritrovare la normalità nelle nostre relazioni con l’UE».
Ha mai qualcuno in Svizzera espresso, sostenuto dai necessari mezzi d’influenza, l’intenzione di violare, tradire, aggirare, rompere o abrogare gli accordi bilaterali con l’UE? Nessuno!
In effetti, la Svizzera potrebbe decisamente presentarsi ben più determinata per ciò che concerne la collaborazione per la ricerca concordata con l’UE. I suoi esponenti politici, invece, assumono nei confronti di Bruxelles una vera e propria posizione di accattoni.
Cosa s’intende con il termine “preferenza indigena sul posto di lavoro”? La maggior parte della gente crede che con ciò si possano soprattutto proteggere in qualche modo i lavoratori svizzeri più anziani dalla concorrenza di giovani stranieri “più a buon mercato”. Ma questa credenza è ben lungi dalla realtà.
Attualmente sta ottenendo nei media grandi lodi uno studio effettuato da esponenti UE. Perché questo nuovo studio propone la partecipazione al mercato interno dell’UE anche di quegli Stati che non sono disposti ad accettare la libera circolazione delle persone.
La discussione irta di divergenze fra i consiglieri federali sul cosiddetto «accordo-quadro» fra la Svizzera e l’UE sta da qualche settimana assumendo toni vieppiù accentuati.
L’UE pretende dalla Svizzera un accordo-quadro con un’integrazione istituzionale. Conformemente allo stesso, la Svizzera dovrebbe obbligatoriamente riprendere il diritto UE, senza poter decidere da sola al riguardo e, in caso di divergenze d’opinione, la decisione spetterebbe alla Corte di giustizia dell’UE. La Svizzera si trova così di fronte a una scelta decisiva.
L’isteria pessimistica in alcuni ambienti politici, sociali ed economici è grande, da quando il 23 giugno Brexit è divenuto realtà. L’agitazione per i possibili effetti dell’uscita dall’UE della Gran Bretagna fa seguito a un importante segnale che la maggioranza del popolo britannico ha lanciato: l’autodeterminazione politica ed economica deve essere recuperata.
La Svizzera è una «Willensnation» (nazione nata per volontà), composta da diversi gruppi etnici con differenti lingue e religioni. Dal 1848, è uno Stato federale – uno dei 23 al mondo e, fra questi, dopo gli Stati uniti, il secondo più longevo. La struttura statale è federalistica e poggia su tre livelli: Confederazione, cantoni e comuni. Con l’accordo-quadro, un quarto livello – quello dei burocrati UE – demolirebbe la sperimentata struttura statale svizzera.
In Ticino è stato costituito già in febbraio 2015 un comitato contro la strisciante adesione all’UE per mezzo di un accordo-quadro istituzionale. È composto in misura paritaria da membri dei diversi partiti: questi sono il PLR, la Lega, l’UDC, i Verdi e Area liberale che, da parte loro, detengono mandati politici in grandi comuni come Lugano e nel Gran Consiglio ticinese.
Solo alcuni giorni fa gli svizzeri hanno celebrato la festa della loro indipendenza. Mentre i popoli del mondo intero ballano sotto i fuochi d'artificio, gli elvetici allestiscono immensi falò sulle loro montagne e nelle loro vallate. Questi fuochi erano il segnale d'allarme che i confederati si scambiavano all'avvicinarsi dell'invasore.
Parlo in nome della giovane generazione di questo paese, una generazione piena di gratitudine e di rispetto per i princìpi che i nostri genitori e i nostri nonni ci hanno tramandato. Naturalmente non tutto è perfetto nemmeno in Svizzera, ma molte cose funzionano bene, meglio che in altri paesi, forse nel miglior modo possibile.
Gli accordi bilaterali portano questo nome perché a essi partecipano dei partner contrattuali di pari diritti e rango. I negoziatori bilaterali conducono trattative a livello paritario, quali partner di uguale livello. Ciò è valso fino a oggi anche per i rapporti bilaterali fra Svizzera e UE.
Da mesi si vocifera che fra Bruxelles e Berna siano in corso delle intense trattative segrete. Qualche volta ne giunge qualche dettaglio al pubblico. Ma adesso è chiaro: una maggioranza del Consiglio federale vuole dichiaratamente portare a termine il più velocemente possibile l’accordo-quadro con Bruxelles.
I negoziati sul cosiddetto «Accordo-quadro» fra la Svizzera e l’UE sarebbero «praticamente conclusi», afferma il consigliere federale Burkhalter. Altri consiglieri federali smentono. Da parte dell’economia, del PLR e del PPD subisce aspre critiche.
Nelle scorse settimane sono apparsi diversi studi, in parte commissionati dalla Confederazione, che pronosticano per la Svizzera un futuro tetro qualora non si pieghi ai desideri di Bruxelles per ciò che riguarda la libera circolazione delle persone e l’«integrazione istituzionale».
Quale inserto nell’edizione di marzo di «Schweizer Monat», appare in questi giorni uno studio del redattore economico della „Weltwoche“, completato da un saggio di Tito Tettamanti. Titolo dell’opuscolo: «Was hat der Bürger von den Bilateralen? Eine Kosten-Nutzen-Analyse aus ökonomischer Sicht» (Cosa guadagnano i cittadini dai bilaterali? Un’analisi costi/benefici dal profilo economico).
A una Dominicana che ha percepito dalla Svizzera quasi Fr 400'000 in prestazioni dell’assistenza sociale, la Confederazione non ha rinnovato il permesso di dimora, decisione contro la quale la donna ha fatto ricorso al Tribunale federale – argomentando che suo figlio è cittadino UE.
Recentemente, il presidente della Corte di Giustizia dell’UE, quindi della Corte suprema dell’UE, ha concesso a un redattore della NZZ un’intervista sul carattere vincolante della giurisprudenza della CGUE.
In Consiglio federale non c’è ancora unanimità se l’auspicato accordo-quadro con l’UE debba essere sottoposto al parlamento e al popolo da solo o in un pacchetto comprendente anche altri accordi con l’Unione europea.